Coronavirus e socialità, come siamo cambiati?
Da marzo 2020 con il primo lockdown[1], il nostro modo di vivere la società e le relazioni è fortemente cambiato, infatti il covid ha lasciato dei segni che vanno oltre alle più evidenti problematiche economiche e sanitarie. A livello personale infatti questo virus è pesato sul nostro modo di vivere il mondo, modificandolo radicalmente per tutte le fasce della popolazione e i suoi effetti continueranno a farsi sentire per molto tempo ancora.
In primo luogo risulta evidente l’impatto che questo abbia avuto sull’ambito della socializzazione per cui l’isolamento sociale, la reclusione e l’incertezza hanno portato effetti devastanti sulle persone. Sono infatti aumentati fenomeni sociali come quello degli hikikomori, ossia i soggetti che decidono volontariamente di rifugiarsi dalla vita sociale ricorrendo a forme di isolamento, come le singole patologie legate alla salute mentale. La difficolta nel mantenere uno stile di vita “libero” ha infatti aumentato i casi di depressione e problematiche legate a patologie psichiatriche, disturbi dell’umore e simili. Va però anche detto come sia aumentata l’attenzione e la sensibilità verso argomenti legati alla salute mentale, i quali prima erano argomenti parzialmente tabù per cui si pensava molto di più che l’analisi fosse per i pazzi o che “se sei forte puoi risolverti i problemi autonomamente”, mentre ad oggi si parla molto di più della necessità di andare da uno psicologo, psichiatra, psicoterapeuta o chi di competenza in base alle esigenze personali.
A livello personale sono poi cambiate le abitudini di tutti i giorni, anche le interazioni fisiche [per approfondimenti clicca sul link ] di cui eravamo abituati come un abbraccio, salutarsi con un bacio ecc sono cambiate e ciò che prima si faceva in maniera automatica ad oggi non è più qualcosa di immediato. Va poi detto come la sensibilità di ogni persona vada a velocità diverse per cui alcuni preferiscono mantenere un controllo sopra la media riguardo al contatto fisico e l’utilizzo di mascherine, altri invece non vedevano l’ora di poter tornare alla normalità, azzerando ogni forma di protezione che si potrebbe ancora auspicare. Trovo entrambe le reazioni legittime, ma è allo stesso modo interessante osservare come uno stesso fenomeno crei reazioni così diverse.
A tal punto dobbiamo anche osservare gli effetti che il coronavirus ha avuto nell’ambito della preoccupazione per la propria salute. Dovendo combattere con un male invisibile e di facile trasmissione, è aumentato il senso di ansia riguardo questi argomenti per cui si tende a sottovalutare od ingigantire il rischio in base a come filtriamo personalmente le notizie. C’è poi da dire come questo virus rendesse tutti potenziali untori, per cui è aumentata anche la sfiducia verso gli altri. Basta vedere l’abitudine di utilizzare dei disinfettanti per pulirsi le mani, abitudine inizialmente poco diffusa, che dopo il lockdown è aumentata e che nel tempo non è diminuita come nel periodo pre-pandemico.
Dobbiamo poi considerare la grave fonte di stress causata dalla continua esposizione mediatica alle notizie sulla pandemia, nonché la maldestra modalità comunicativa utilizzata, le quali hanno in generale modificato la percezione delle persone creando un circolo vizioso che ha aumentato i disturbi di ansia.
C’è poi da dire che nel primo lockdown c’era quel sentimento di frustrazione diffusa data dalla reclusione in casa, sentimento però mitigato dalla consapevolezza di dover fare uno sforzo tutti quanti come popolo, quindi un blocco che riguardava tutti e che creava delle problematiche per tutti, dando quel sentimento di unione ed unita che portava le persone ad affacciarsi sul bancone e, sfortunatamente data la viralità di certe situazioni, urlare “ce la faremo”. Ad oggi è invece aumentato il sentimento di competitività tra una popolazione desolata da crisi economiche e sanitarie, in cui si è persa quella necessità di collaborazione che, chi più chi meno, influenzava le persone.
Allo stesso modo c’è stata un’evoluzione del settore del digital che, lasciando ad altre sedi come questo sia rilevante ad esempio a livello economico, ha comportato nuovi modi di vivere la socialità. I social media sono esplosi più di quanto non fossero già in passato, si sono diffuse le modalità di lavoro da remoto prima solo parzialmente utilizzate e sono anche aumentati gli strumenti e i canali con cui farlo. Non considererei però questo fenomeno come negativo, anzi come una possibilità, infatti si è confermato e rafforzato un trend che già si era avviato prima di questa pandemia.
C’è ora da chiedersi come adattarsi a tutti questi cambiamenti, implementandoli in un nuovo modo di vivere che porti un equilibrio tra le esigenze di socialità dirette e indirette, tra rapporti sia personali che lavorativi e scolastici. Parliamo infatti di una rivoluzione che si è attuata troppo in fretta rispetto alla sensibilità dei singoli ma verso cui, dati anche i cambiamenti climatici e i rischi legati ai fenomeni ambientali e pandemici che si prevede accadranno in futuro, le persone dovranno essere sempre più in grado di stare al passo con tutto ciò, ad esempio rallentando i propri stili di vita per renderli più adatti ad una maggiore sostenibilità ambientale e sociale, ma anche di questo tratteremo in un secondo momento.
Fonti
Le conseguenze Sociologiche e Psicologiche della Pandemia -... (puntosicuro.it)
Il lockdown ha cambiato il nostro modo di vivere la socialità (e continuerà a farlo) - Linkiesta.it
Immagini
Coronavirus, il sociologo: «Reprimere la socialità ha conseguenze dannose» | Vanity Fair Italia
CORONA VIRUS: WHAT IS TRUE AND WHAT IS NOT - Rome and Italy
Lorenzo De Saro
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[1] Il lockdown è una misura di confinamento utilizzato come protocollo di emergenza per limitare la circolazione delle persone per ragioni inerenti alla salute o alla pubblica sicurezza.